Il primo compleanno di mia figlia Agnese
di Giuliano Lenni
La nascita di un figlio è qualcosa di speciale, di unico e straordinario. Qualcosa che ti eri sforzato di immaginare ma che quando capita ti accorgi che non avevi capito niente. Credo che sia per tutti così, perlomeno per il primogenito. Quella tarda sera di primavera vidi per la prima volta quella piccola creatura, che era entrata nel bel mezzo della mia vita come un uragano. Quasi non avevo il coraggio di toccarla da quanto era piccola. D’improvviso ho immaginato mille cose tutte insieme, per la mia e per la sua vita fino a confondermi. Poi, passato il primo impatto, mi sono ricomposto pur conservando un sorriso inebetito, a dimostrare una felicità che ancora mi restava difficile cogliere appieno. Poi arrivarono i parenti volti a cercare somiglianze inverosimili, tutti con qualcosa da dire in più dell’altro, tanto da creare un pizzico di smarrimento sui poveri genitori attenti a non ferire l’immaginario di nessuno. Poi la tranquillità della casa ti fa ritrovare la calma e cominci a sentire forte la presenza di un nuovo elemento in famiglia. Il latte ogni tre ore, il cambio pannolino in tutta velocità, un pianto isterico così forte da farti prendere il panico e tutto prosegue per interminabili giorni tra un dormiveglia costante ed una stanchezza che sentirai più avanti. Mentre culli quel piccolo cucciolo arriva una parente che non ha portato il classico regalo di rito ma uno del tutto speciale che ti costringe in un difficile confronto tra la tua bambina e quella dell’immediato dopoguerra. La signora ha portato in dono una gallina, simbolo di amicizia e di prosperità. La gallina di Agnese, come detta la sua razza, non ha penne sul collo, destinata a divenire un buon brodo di carne di pollo, in realtà è tuttora viva e vegeta nel pollaio della nonna che produce uova a volontà. Forse perché di quel brodo oggi non c’è bisogno e dunque risulta molto più facile di un tempo salvare la vita ad una povera bestiola. Regalare una gallina era un’usanza dei tempi passati, quando non c’era molto da mangiare nelle case e i neonati avevano quella carenza di tutto quello che invece oggi abbonda nel nostro vivere quotidiano. Un regalo anomalo, quindi, la gallina, che mi ha spinto a ricordare ciò che mi hanno sempre detto le signore anziane che in qualche epoca fa erano a loro volta fanciulle. Una fanciullezza tra il freddo dell’inverno, con l’acqua gelata nel catino dove ci si doveva lavare, con un vestito a ricrescita al quale venivano allungati solo gli spallaccini così da poter durare per anni, le fasce alle gambe ed al busto quasi a voler modificare il fisico della piccola che invece veniva come gli pareva lo stesso, ma tant’era. Naturalmente i pannolini non esistevano e le madri si arrangiavano come potevano con pezze, fasce e triangolini da lavare dopo ogni uso. Le donne che partorivano, nelle grandi casate contadine, non avevano il tempo di stare con i propri figli che venivano lasciati alla massaia mentre loro si dedicavano ai lavori nei campi fino a quando la stessa massaia le chiamava tramite l’esposizione di un lenzuolo bianco o di altri vari colori se i poppanti erano più d’uno per invitarle a rientrare in casa per la poppata. Poi la guerra, che rese tutto più complicato, con il latte della mucca talvolta indigesto per i piccoli stomaci dei bambini tanto da dover esserci aggiunta l’acqua d’orzo in modo da nutrirli con più sicurezza. Durante i bombardamenti tutti si nascondevano nei rifugi tra freddo, paura e fame, per non parlare del pianto e della tristezza che coglieva un bimbo quando vedeva tornare dalla guerra suo padre, che non conosceva perché non lo aveva mai visto, tra lo sconcerto malinconico del reduce e le parole dolci dalla mamma che cercavano invano di consolarlo. Ma un gridolino di protesta di Agnese mi ridesta dai miei pensieri mentre ignara di ciò che stavo pensando se ne sta con i suoi occhioni spalancati ad assorbire qualsiasi cosa veda intorno e mentre spero che lei non debba fare la grama vita che hanno fatto le sue coetanee d’altri tempi mi riprometto che un giorno racconterò anche a lei le cose che ho sentito dai più anziani, tanto per non farle perdere la memoria. La sua vita trascorrerà meglio dei bambini di allora, avrà la sua cameretta con le foto dei suoi cantanti preferiti e le piccole cianfrusaglie della sua infanzia e dell’adolescenza, vedrà invecchiare il suo babbo senza la tristezza di doverlo rivedere dopo lunghi anni, avrà il conforto della mamma che le starà sempre accanto invece di allontanarsi per lunghe giornate di attesa e crescerà felice e serena fino a divenire anche lei una buona madre per i suoi figli. Ad un anno di distanza dal quel magnifico evento è questo che mi sento di augurare alla piccola Agnese per il suo compleanno e, anche se non sono così sicuro che tutto ciò avvenga, voglio regalarle e regalarmi almeno questa appagante speranza.